Il 29 gennaio di 32 anni fa, dopo aver accompagnato a scuola il figlio, mentre era fermo al’incrocio tra Viale Umbria e Via Muratori, Emilio Alessandrini veniva crivellato da otto colpi di pistola. La sua colpa era quella di essere il magistrato inquirente dei processi a Prima Linea, gruppo terroristico nato dalle ceneri di Lotta continua, ma anche della strage di Piazza Fontana, e di interessarsi dello scandalo finanziario del Banco Ambrosiano e delle connessioni con i servizi segreti deviati e la loggia massonica segreta “Propaganda 2”.
Ad ucciderlo, nel gruppo di fuoco, anche Marco Donat Cattin, figlio dell’allora numero due della Democrazia Cristiana. Il fatto suscitò scandalo, Carlo Donat Cattin fu costretto a dimettersi per aver violato il segreto istruttorio e, informato dal presidente del consiglio Francesco Cossiga, contattato un ex “compagno d’armi” del figlio, Roberto Sandalo, affinché potesse avvertire Marco e farlo fuggire all’estero. Le dimissioni in cambio della salvezza del figlio, poi arrestato in un bistrot in Francia. Grazie alla dissociazione e alla legge sui collaboratori di giustizia, Marco Donat Cattin ottene ben presto gli arresti domiciliari, ma morì tre anni dopo, sull’autostrada Serenissima, in un modo assurdo per un ex combattente e terrrorista: travolto da un’auto mentre, sceso dalla sua vettura, stava segnalando alle macchine che sopraggiungevano di fermarsi per evitare un incidente in cui lui stesso era stato coinvolto leggermente.
A parte i perversi retroscena che questa vicenda nasconde, le logiche di potere e gli inviolabili segreti di Stato, tutto sepolto dalle aule parlamentari, va ricordato questo brandello di storia per parlare di Emilio Alessandrini, della sua onestà intellettuale e professionale, della sua correttezza e tenacia. In un momento di forte crisi delle istituzioni, questi esempi di lealtà servono ad indicarci la strada, a capire quanto ci siamo allontanati dalla giusta direzione.
Emilio Alessandrini, Sostituto Procuratore della Repubblica a Milano
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